Il più dotato ha messo in ginocchio Société Générale, l'altro si è fatto beccare subito. Sono i due fenomeni della famiglia Kerviel: il trader Jérome, quello che voleva distinguersi con «qualcosa di eccezionale», e ha causato perdite alla sua banca per 4,9 miliardi di euro, e il broker Olivier, il fratello maggiore. Anche lui ex-bancario, anche lui nei guai. E sì perché il colpo di scena nello scandalo sulla frode in Société Générale è che Jérome Kerviel - «l'uomo dell'anno» nelle ironie dei francesi - ha un fratello: un broker che lavorava nella società di risparmio gestito B Capital, del gruppo Bnp Paribas, e che, a suo modo, ha fatto parlare di sé. Un anno fa Olivier è stato infatti sorpreso a forzare le procedure di controllo del colosso Bnp Paribas nel tentativo di manipolare - forse sottrarre - parte delle plusvalenze generate con gli investimenti della clientala. Un evento su cui il gruppo presieduto da Michel Pébereau ha steso un velo di discrezione ma che ha portato al licenziamento in tronco del trentasettenne di Pont l'Abbé: secondo informazioni tratte da fonti vicine all'istituto, Olivier ha riparato in Asia, tornando a lavorare in una piccola società di trekking, la nepalese «Celtic Trekking», fondata in precedenza. «Ha cambiato aria», taglia corto un manager del settore che ha seguito la vicenda.
Certo è che, in attesa di capire se nel sistema finanziario transalpino ci sono altri parenti dei fratelli Kerviel, a Parigi si registra un fermento nel mondo bancario, una corsa a inasprire i controlli interni su tutte le attività, non solo su quelle di trading. Il dato inevitabile è che su organici di decine di migliaia di persone una piccola percentuale di dipendenti mitomani, ma capaci di scuotere le fondamenta di colossi ben patrimonializzati, sia sempre presente. E l'esito differente delle scorribande bancarie dei Kerviel, al di là del talento malsano di Jérome, dice che là dove i controlli hanno funzionano i danni sono stati contenuti. Mentre dove non sono stati nemmeno ascoltati i campanelli d'allarme - come quello giunto a Société Générale da Eurex sulle posizioni anomalie di Kerviel - il disastro è stato di dimensioni imprevedibili.
Peraltro, benché il caso di Société Générale, l'esposizione in derivati da 50 miliardi di euro aperta all'insaputa dei vertici, sia un caso unico nella storia bancaria, non sono invece così infrequenti le operazioni di trader che si muovono al di sopra dei limiti consentiti o senza autorizzazione. L'ultimo caso che ha fatto scalpore in Francia è quello registrato a settembre nella filiale newyorkese del colosso Crédit Agricole, dove un dipendente del l'investment banking Calyon, operando su una posizione «non autorizzata di dimensioni anomale», ha causato danni per 250 milioni di euro. Un evento, scoperto immediatamente dall'istituto guidato da Georges Pauget, che ha portato il gruppo ad avviare una revisione approfondita dei processi di gestione. È il tema del momento. Nel comitato esecutivo di Bnp Paribas che si è tenuto lunedì a Parigi il presidente Pébereau ha usato due ore di tempo per fare il punto sulla situazione dei controlli interni.
A Parigi, oggi, nessun banchiere è pronto a giurare che un caso Kerviel nel suo istituto non ci sarà mai. E mentre si consuma il dramma di Daniel Bouton e di Société Générale, negli istituti si serrano i bulloni della vigilanza.

 

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